Il nuovo Garlatti Costa

Ho presenziato con piacere ieri sera all'inaugurazione della nuova sede del birrificio Garlatti Costa, in quel di Flagogna (sì, si è trasferito da Forgaria a Flagogna. Stesso comune, borgo sempre più piccolo, ma luoghi sempre deliziosi soprattutto d'estate). A dire il vero il birraio Severino si è spostato in questa sede già da qualche mese, ma per la festa del taglio del nastro ha atteso l'estate (nonché, dice lui, di avere tutto davvero perfettamente pronto). E in effetti c'è da dire che tra birra brassata per l'occasione, buon cibo, compagnia calorosa e musica dal vivo - nota di merito al gruppo che suonava -, la serata mi è apparsa ben riuscita.La prima cosa che balza all'occhio visitando il nuovo capannone è che è stato preso decisamente...in crescita: per quanto Severino affermi - come avevo riferito nell'articolo scritto per il numero di giugno di Udine Economia - di voler rimanere su volumi di produzione contenuti (tra i 5 e i 600 ettolitri annui), gli spazi disponibili permettono di pensare ad aumentare anche significativamente il numero di fermentatori. Magari di pensare anche ad una tap room, o comunque ad uno spazio per degustazioni o momenti didattici? "Per ora no - ha affermato Severino -, intendo concentrarmi sulla quantità e qualità della produzione, perché naturalmente è questo il primo scopo dell'investimento fatto con il nuovo impianto e la nuova linea di imbottigliamento. Per un futuro più lontano non escludo nulla a priori; ma nell'immediato, almeno in quanto ad eventi, penserei piuttosto ad una serie di serate all'aperto come quella di stasera".Il luogo in effetti si presta, data l'ampiezza del piazzale esterno e la felice collocazione geografica - zona di San Daniele, vicino al Tagliamento, gradevole temperatura serale anche d'estate. Estiva era anche la birra pensata per l'occasione - unica spillata da tutte le vie -, la Flag, una belgian blond ale assai semplice ed essenziale: delicata luppolatura floreale, tipica nota speziata del lievito belga che contraddistingue la mano di Severino (per quanto qui, coerentemente con l'impronta complessiva, rimanga abbastanza sobria), corpo snello pur con una lievissima nota maltata che a me ha ricordato il miele, e finale secco con un amaro erbaceo discreto ma netto. Meno caratterizzata di altre birre a marchio Garlatti Costa, ma comunque non banale. p { margin-bottom: 0.25cm; line-height: 120%; } Del resto Severino sta in questo periodo lavorando soprattutto sulla nuova linea di birre, la Funky: nell'intervista per Udine Economia le aveva definite come "pensate per fondere i classici stili belgi con quelli anglosassioni [...] caratterizzati dalla freschezza e facilità di beva"; e nella direzione della "facilità" va anche il progetto delle bottiglie 0,33 e della nuova componente grafica, che prenderanno piede con la nuova linea di imbottigliamento. Tra i progetti c'è poi anche quello di affiancare alla produzione dell'orzo per il malto, già avviata dal 2013 a Aonedis (a pochi km da lì, per chi non conoscesse la zona), l'avvio di un luppoleto sperimentale; dato che "questa zona del Friuli - ha affermato - grazie al clima piovoso ma non troppo umido, è particolarmente adatta alla coltivazione del luppolo".Con piacere ho poi notato non solo la presenza di diversi birrai della regione, ma anche il clima cordiale e di festa che si respirava tra di loro: in tempi in cui la retorica dei "birrai tutti amici" e di un movimento birrario mosso esclusivamente da passione ed amicizia non basta più ad animare il settore, fa comunque piacere vedere questi momenti.Un'ultima nota, dato che ieri sera è stata la mia prima uscita birraria dotata di pancetta visibile (anche se in questa foto a dire il vero, non essendo di profilo, non si nota) e quindi la notizia è ormai di dominio pubblico: a risposta dei dubbi di chi ha colto ultimamente un cambiamento nelle mie attività, annuncio che c'è un piccolo (o piccola) futuro appassionato di birra artigianale - dato che conto che cresca bene - in arrivo, che se tutto va bene sarà tra noi a metà gennaio. Continuerò comunque, dato che fortunatamente la salute è buona, la mia consueta attività di addetta stampa, di giornalista, e quella di conduzione di eventi e serate: pur limitando - per forza di cose - le degustazioni a piccoli assaggi, e riducendole nel numero. Insomma, conto che non riusciate a liberarvi di me nel breve termine, e che ci riusciate solo per poco.

Luoghi assurdi e sperduti: dove non si finisce per amore della birra!

Quando si programma un viaggio birrario è facile fissare come destinazione qualche grande città mondiale: pensiamo a Londra, Praga, Bruxelles, Monaco di Baviera, Colonia, New York, San Diego e altre ancora. Talvolta la meta è rappresentata da centri più piccoli, ma comunque di modesta grandezza e sicuro interesse turistico, come Bamberga, Bruges, Dusseldorf, Vilnius o ...

Feste della birra con stand gastronomici, alias dove ti piazzo l’industriale

Sono stata ieri all'apertura della Festa della Birra Artigianale - questo il nome dell'evento stando a quanto pubblicizzato su media e social network - in piazza Venerio a Udine. Lo ammetto, la mia curiosità era piuttosto "perfida": nei comunicati diramati dalla società organizzatrice, la Flash Srl, si parlava anche di "Birra Moretti alla Toscana". Ohibò, mi sono detta: che succede? Se vado e trovo il cartellone della Moretti esposto in bella vista, potrebbe esserci di che divertirsi nel fare il leone da tastiera e sollevare polveroni. Scherzi a parte, l'interesse a capirci di più comunque c'era, se non altro per rispetto nei confronti del birrifici - quelli sì davvero artigianali - partecipanti: Sognandobirra, Diciottozerouno, Tazebao, Dr Barbanera, Zahre e Belgrano.La prima cosa su cui mi è caduto l'occhio è stato il fatto che, all'ingresso della piazza, il cartellone parlasse semplicemente di "Festa della birra": la dicitura "artigianale" quindi non compariva più. E a ragion veduta, direi, perché ciascuno degli stand gastronomici serviva anche birra e anche non artigianale (no, il cartellone della Moretti in bella vista non c'era: però ho trovato ad esempio Ichnusa, gruppo Heineken; nonché Ottakringer, birrificio viennese certo storico, ma che non accomunerei agli artigianali). Per carità, gli stand gastronomici sono del tutto liberi di vendere anche da bere, ci mancherebbe. E allora però, coerentemente, parliamo di "festa della birra" in senso lato, non solo di quella artigianale.Perché, se di festa della birra artigianale vogliamo parlare, allora credo siano necessari i dovuti accorgimenti: gli stand gastronomici servano solo cibo, e la birra venga servita solo dai birrifici - perché dopotutto, si presume, è per quello che gli avventori sono lì. Mettere di fatto in concorrenza, perché di questo si tratta, le spine di birra industriale con quella artigianale, non è rispondente a ciò che un evento del genere dovrebbe essere: e non perché il consumatore non sia comunque libero di scegliere quale birra acquistare, ma per il messaggio che un'iniziativa che porta questo nome dovrebbe lanciare.Detto ciò, non vedo nel boicottaggio selvaggio di tutti quegli eventi - e sono diversi - in cui si ripropongono situazioni simili una strategia necessariamente utile: probabilmente si otterrebbe soltanto di danneggiare quei birrifici artigianali che vi partecipano, lasciando numeri ben più ingenti di persone che questa questione non se la pongono a dirigersi verso gli stand della birra più a buon mercato. Certo il consumo consapevole - acquistare il cibo da una parte, la birra dall'altra - può essere pure poca cosa: ma, vedendola sotto un profilo di realpolitik, è comunque un segnale costruttivo. Del resto, a sentire diversi birrai, anche per loro il boicottaggio non è sempre la soluzione giusta: più d'uno mi ha riferito di riuscire sia a vendere meglio (perché la baracca bisogna pur tirarla avanti) che a far apprezzare meglio il proprio prodotto proprio là dove si ritrovava a venire messo a confronto con un'industriale. Un'ultima nota in chiusura: ho cercato ieri, senza successo, di parlare con qualcuno degli organizzatori (nessuno dei birrai ha saputo indicarmene tra i presenti), così da chiedere direttamente a loro spiegazioni della scelta. Naturalmente sarò felice se vorranno intervenire.

Feste della birra con stand gastronomici, alias dove ti piazzo l’industriale

Sono stata ieri all'apertura della Festa della Birra Artigianale - questo il nome dell'evento stando a quanto pubblicizzato su media e social network - in piazza Venerio a Udine. Lo ammetto, la mia curiosità era piuttosto "perfida": nei comunicati diramati dalla società organizzatrice, la Flash Srl, si parlava anche di "Birra Moretti alla Toscana". Ohibò, mi sono detta: che succede? Se vado e trovo il cartellone della Moretti esposto in bella vista, potrebbe esserci di che divertirsi nel fare il leone da tastiera e sollevare polveroni. Scherzi a parte, l'interesse a capirci di più comunque c'era, se non altro per rispetto nei confronti del birrifici - quelli sì davvero artigianali - partecipanti: Sognandobirra, Diciottozerouno, Tazebao, Dr Barbanera, Zahre e Belgrano.La prima cosa su cui mi è caduto l'occhio è stato il fatto che, all'ingresso della piazza, il cartellone parlasse semplicemente di "Festa della birra": la dicitura "artigianale" quindi non compariva più. E a ragion veduta, direi, perché ciascuno degli stand gastronomici serviva anche birra e anche non artigianale (no, il cartellone della Moretti in bella vista non c'era: però ho trovato ad esempio Ichnusa, gruppo Heineken; nonché Ottakringer, birrificio viennese certo storico, ma che non accomunerei agli artigianali). Per carità, gli stand gastronomici sono del tutto liberi di vendere anche da bere, ci mancherebbe. E allora però, coerentemente, parliamo di "festa della birra" in senso lato, non solo di quella artigianale.Perché, se di festa della birra artigianale vogliamo parlare, allora credo siano necessari i dovuti accorgimenti: gli stand gastronomici servano solo cibo, e la birra venga servita solo dai birrifici - perché dopotutto, si presume, è per quello che gli avventori sono lì. Mettere di fatto in concorrenza, perché di questo si tratta, le spine di birra industriale con quella artigianale, non è rispondente a ciò che un evento del genere dovrebbe essere: e non perché il consumatore non sia comunque libero di scegliere quale birra acquistare, ma per il messaggio che un'iniziativa che porta questo nome dovrebbe lanciare.Detto ciò, non vedo nel boicottaggio selvaggio di tutti quegli eventi - e sono diversi - in cui si ripropongono situazioni simili una strategia necessariamente utile: probabilmente si otterrebbe soltanto di danneggiare quei birrifici artigianali che vi partecipano, lasciando numeri ben più ingenti di persone che questa questione non se la pongono a dirigersi verso gli stand della birra più a buon mercato. Certo il consumo consapevole - acquistare il cibo da una parte, la birra dall'altra - può essere pure poca cosa: ma, vedendola sotto un profilo di realpolitik, è comunque un segnale costruttivo. Del resto, a sentire diversi birrai, anche per loro il boicottaggio non è sempre la soluzione giusta: più d'uno mi ha riferito di riuscire sia a vendere meglio (perché la baracca bisogna pur tirarla avanti) che a far apprezzare meglio il proprio prodotto proprio là dove si ritrovava a venire messo a confronto con un'industriale. Un'ultima nota in chiusura: ho cercato ieri, senza successo, di parlare con qualcuno degli organizzatori (nessuno dei birrai ha saputo indicarmene tra i presenti), così da chiedere direttamente a loro spiegazioni della scelta. Naturalmente sarò felice se vorranno intervenire.

Non solo acquisizioni di birrifici: tutti i settori in cui le multinazionali stanno attaccando la birra craft

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Festival birrari italiani: quando il successo travalica i confini nazionali

È comune affermare che gran parte del successo della birra artigianale italiana risiede nella creatività dei nostri birrai. E se quella creatività, da sempre segno distintivo del popolo italico, non si esprimesse nel mondo birrario solo al momento di ideare una nuova ricetta? È ciò su cui sto riflettendo in questi giorni, in un periodo ...