È tempo di Bock: la storia, le feste e le evoluzioni delle birre invernali tedesche

Nelle ultime panoramiche sugli eventi birrari ho sottolineato come il periodo in corso non sia particolarmente generoso in termini di manifestazioni a tema. Se però spingiamo lo sguardo oltre confine e oltrepassiamo la frontiera con la Germania, scopriamo che l’attuale fase dell’anno è estremamente importante per molti birrifici tedeschi, in special modo quelli più tradizionali …

Emod Brewery cerca agenti commerciali e distributori in tutta Italia

La brew firm Emod Brewery, costituita ad aprile 2018, ricerca agenti di commercio di entrambi i sessi e distributori muniti di partita IVA per la distribuzione di birra artigianale sul territorio italiano. Garantiamo ottime provvigioni incrementabili per obbiettivi. Per qualsiasi informazione contattare Domenico al 3926427159 oppure scrivere a info@emodbrewery.com.

Nuove birre italiane da Crak, Alder, PBC, Via Priula e WAR

Cominciamo la carrellata di oggi sulle nuove birre italiane con una doppietta proveniente dal birrificio Crak, sicuramente una delle realtà più attive nel panorama nazionale. La prima novità si chiama Pesca Tabacchiera (8%) ed è un blend di Sour Wild Ale maturate per 18 mesi in tonneaux di vino dei Colli Euganei a cui sono …

Negli USA c’è un uomo sempre ubriaco perché il suo intestino produce birra

Cosa succederebbe se nella microflora del nostro intestino fosse presente un’alta percentuale di Saccharomyces cerevisiae? Probabilmente che cominceremmo a produrre birra. Quella che sembra un semplice boutade è invece un fatto di cronaca realmente accaduto e la vittima è un uomo di circa 40 anni del North Carolina. Tutto è cominciato quando è stato fermato …

Ein Prosit!

Approfittando del fatto che il tutto accadeva a poca distanza da casa mia, ho per la prima volta fatto un giro a Ein Prosit - consolidata manifestazione enogastronomica friulana organizzata da Co. Pro. Tur., giunta ormai alla ventunesima edizione. Pur in mezzo a tante cantine, che costituiscono il "nocciolo duro" degli espositori, già da qualche anno hanno fatto la loro comparsa i birrifici artigianali della Regione; quest'anno tre - Cittavecchia, Gjulia, e il debuttante 620 Passi. Il tutto "condito" da alcuni laboratori di degustazione condotti da Eugenio Signoroni, con birre di spessore in listino - basti citare quelle di Barley, Cantillon, 3 Fonteinen, Oud Beersel, Ca' del Brado e Asso di Coppe, per nominarne solo alcune.Senz'altro è buona cosa che le birre artigianali abbiano avuto uno spazio all'interno di una manifestazione che vuole porsi come evento indirizzato ad espositori e ad un pubblico di alto livello, portando in città chef stellati e nomi di prestigio. Ammetto però che mi ha lasciata un po' perplessa vedere i birrifici messi nella sezione delle gastronomie, nell'ambito di una suddivisione tra tutto ciò che è vino e tutto ciò che non lo è: ne capisco la logica, ma avrei visto meglio una suddivisione tra cibi e bevande - per quanto probabilmente sarebbe stata poco capita da un pubblico che dalla mostra-assaggio di Ein Prosit si aspetta appunto di trovare un'area riservata alle cantine, specie in una Regione in cui lo status del vino è indiscusso. E' vero che non è utile andare a rinfocolare sterili rivalità tra birra e vino, ma credo che "mettere ogni cosa al suo posto", dividendo appunto piuttosto tra bevande e cibi (e faccio notare che anche le grappe di un colosso come Nonino erano nella sezione gastronomia), aiuti piuttosto a superare le contrapposizioni. Così come non mi sarebbe dispiaciuto, per quanto le degustazioni in sé e per sé siano slegate dalla mostra-assaggio, vedere qualche birrificio locale parteciparvi. Semplici opinioni personali, e quindi prendetele come tali.Ma veniamo a ciò che ho assaggiato. Da Cittavecchia sono partita da Andre, la loro Ipa realizzata in collaborazione con I bambini delle Fate, e i cui proventi sono in parte destinati a questa impresa sociale. Una ipa che, nonostante i lievi aromi agrumati dati dal cascade in aroma, rimane comunque intrinsecamente britannica - Fuggle e East Kent Golding - soprattutto per quanto riguarda il taglio amaro erbaceo finale. Beverina ma non ruffiana, per gli amanti delle ipa non troppo impegnative ma "veraci". Interessante poi la versione cherry della stout Karnera, con sciroppo di amarena aggiunto in fermentazione, su mash leggermente meno zuccherino appunto in previsione dell'aggiunta di frutta. L'amarena si coglie appena in aroma, dove continuano a dominare il caffè e il tostato, così come nel corpo; ricompare in chiusura con un gioco tra l'acidulo e il dolce, ma ben integrato con la componente amaro-acidula del malto tostato in un incastro di contrasti che alla fine lascia una persistenza amalgamata. Da segnalare infine la Saison Goriot, che quest'anno verrà anche presentata in versione birra di Natale: la tradizionale speziatura del lievito è arricchita dal cardamomo e dall'arancia, ben percepibili - soprattutto il cardamomo - ma non soverchianti, integrate in un corpo dal cereale discretamente caldo per lo stile ma scorrevole. Per chi ama le speziature calde, ma preferisce una birra meno corposa delle tradizionali natalizie.Ho avuto poi il piacere di conoscere 620 Passi, nato come beerfirm (presso Bradipongo) a Marano Lagunare, ed ora in procinto di inaugurare il proprio impianto. Sono partita dalla lager Arsura, che nonostante un pizzico di Citra può dire di rispettare a pieno i tradizionali canoni continentali - la fanno piuttosto da padroni Hersbrucker e Premiant, sul classico corpo di cereale fragrante -; per poi passare alla ipa Fipa - anche in questo caso una ipa che, pur nella luppolatura interamente americana di amarillo, mosaic e simcoe rifugge qualsiasi ruffianesimo eccessivamente tropical-fruttato, per privilegiare di più la componente acre dell'agrume soprattutto in chiusura -; e infine la Belgian Ale Cortona, pienamente in stile nonostante la luppolatura americana - una luppolatura che "c'è ma non si sente", come di regola nelle birre belghe, per privilegiare il lievito - e un corpo più scorrevole della media nonostante la pienezza maltata, per amor di bevibilità. Nel complesso, birre che mirano ad essere facilmente bevibili nella loro semplicità, ma che non mirano al voler sedurre a tutti i costi per raggiungere questo obiettivo.In quanto a Gjulia, ho "finalmente" - nel senso che da tanto tempo ne sentivo parlare - provato la Iga Ribò, con Ribolla Gialla. Discretamente delicata come Iga, le note tra il fruttato e il floreale della ribolla ben amalgamate con il malto sia all'aroma che al palato, dove emerge anche una certa sapidità; e poi il Barley Wine, dove la fa da padrone il profumo e il sapore del legno dati i 18 mesi di barricatura.Un grazie ai birrifici presenti per la calorosa accoglienza ai loro stand.

Ein Prosit!

Approfittando del fatto che il tutto accadeva a poca distanza da casa mia, ho per la prima volta fatto un giro a Ein Prosit - consolidata manifestazione enogastronomica friulana organizzata da Co. Pro. Tur., giunta ormai alla ventunesima edizione. Pur in mezzo a tante cantine, che costituiscono il "nocciolo duro" degli espositori, già da qualche anno hanno fatto la loro comparsa i birrifici artigianali della Regione; quest'anno tre - Cittavecchia, Gjulia, e il debuttante 620 Passi. Il tutto "condito" da alcuni laboratori di degustazione condotti da Eugenio Signoroni, con birre di spessore in listino - basti citare quelle di Barley, Cantillon, 3 Fonteinen, Oud Beersel, Ca' del Brado e Asso di Coppe, per nominarne solo alcune.Senz'altro è buona cosa che le birre artigianali abbiano avuto uno spazio all'interno di una manifestazione che vuole porsi come evento indirizzato ad espositori e ad un pubblico di alto livello, portando in città chef stellati e nomi di prestigio. Ammetto però che mi ha lasciata un po' perplessa vedere i birrifici messi nella sezione delle gastronomie, nell'ambito di una suddivisione tra tutto ciò che è vino e tutto ciò che non lo è: ne capisco la logica, ma avrei visto meglio una suddivisione tra cibi e bevande - per quanto probabilmente sarebbe stata poco capita da un pubblico che dalla mostra-assaggio di Ein Prosit si aspetta appunto di trovare un'area riservata alle cantine, specie in una Regione in cui lo status del vino è indiscusso. E' vero che non è utile andare a rinfocolare sterili rivalità tra birra e vino, ma credo che "mettere ogni cosa al suo posto", dividendo appunto piuttosto tra bevande e cibi (e faccio notare che anche le grappe di un colosso come Nonino erano nella sezione gastronomia), aiuti piuttosto a superare le contrapposizioni. Così come non mi sarebbe dispiaciuto, per quanto le degustazioni in sé e per sé siano slegate dalla mostra-assaggio, vedere qualche birrificio locale parteciparvi. Semplici opinioni personali, e quindi prendetele come tali.Ma veniamo a ciò che ho assaggiato. Da Cittavecchia sono partita da Andre, la loro Ipa realizzata in collaborazione con I bambini delle Fate, e i cui proventi sono in parte destinati a questa impresa sociale. Una ipa che, nonostante i lievi aromi agrumati dati dal cascade in aroma, rimane comunque intrinsecamente britannica - Fuggle e East Kent Golding - soprattutto per quanto riguarda il taglio amaro erbaceo finale. Beverina ma non ruffiana, per gli amanti delle ipa non troppo impegnative ma "veraci". Interessante poi la versione cherry della stout Karnera, con sciroppo di amarena aggiunto in fermentazione, su mash leggermente meno zuccherino appunto in previsione dell'aggiunta di frutta. L'amarena si coglie appena in aroma, dove continuano a dominare il caffè e il tostato, così come nel corpo; ricompare in chiusura con un gioco tra l'acidulo e il dolce, ma ben integrato con la componente amaro-acidula del malto tostato in un incastro di contrasti che alla fine lascia una persistenza amalgamata. Da segnalare infine la Saison Goriot, che quest'anno verrà anche presentata in versione birra di Natale: la tradizionale speziatura del lievito è arricchita dal cardamomo e dall'arancia, ben percepibili - soprattutto il cardamomo - ma non soverchianti, integrate in un corpo dal cereale discretamente caldo per lo stile ma scorrevole. Per chi ama le speziature calde, ma preferisce una birra meno corposa delle tradizionali natalizie.Ho avuto poi il piacere di conoscere 620 Passi, nato come beerfirm (presso Bradipongo) a Marano Lagunare, ed ora in procinto di inaugurare il proprio impianto. Sono partita dalla lager Arsura, che nonostante un pizzico di Citra può dire di rispettare a pieno i tradizionali canoni continentali - la fanno piuttosto da padroni Hersbrucker e Premiant, sul classico corpo di cereale fragrante -; per poi passare alla ipa Fipa - anche in questo caso una ipa che, pur nella luppolatura interamente americana di amarillo, mosaic e simcoe rifugge qualsiasi ruffianesimo eccessivamente tropical-fruttato, per privilegiare di più la componente acre dell'agrume soprattutto in chiusura -; e infine la Belgian Ale Cortona, pienamente in stile nonostante la luppolatura americana - una luppolatura che "c'è ma non si sente", come di regola nelle birre belghe, per privilegiare il lievito - e un corpo più scorrevole della media nonostante la pienezza maltata, per amor di bevibilità. Nel complesso, birre che mirano ad essere facilmente bevibili nella loro semplicità, ma che non mirano al voler sedurre a tutti i costi per raggiungere questo obiettivo.In quanto a Gjulia, ho "finalmente" - nel senso che da tanto tempo ne sentivo parlare - provato la Iga Ribò, con Ribolla Gialla. Discretamente delicata come Iga, le note tra il fruttato e il floreale della ribolla ben amalgamate con il malto sia all'aroma che al palato, dove emerge anche una certa sapidità; e poi il Barley Wine, dove la fa da padrone il profumo e il sapore del legno dati i 18 mesi di barricatura.Un grazie ai birrifici presenti per la calorosa accoglienza ai loro stand.

Nuovi libri sulla birra: Atlante dei birrifici italiani, Birra e formaggio e altri

Dopo un periodo piuttosto buio, il settore editoriale dedicato alla nostra amata bevanda sta vivendo un momento discretamente vivace. Le novità si susseguono con maggiore frequenza rispetto al passato, anche grazie all’interesse che le case editoriali stanne riversando sul nostro settore. Senza dimenticare che gli strumenti di self publishing stanno permettendo a molti appassionati di …

La birra in fabbrica a Corno di Rosazzo

Anche quest'anno mi sono concessa un giro a "Fusti - La birra in fabbrica", piccolo festival birrario organizzato nella propria tap room dal Birrificio Campestre di Corno di Rosazzo. Piccolo, ma neanche tanto: come già mi sono trovata a considerare lo scorso anno, è comunque notevole come una realtà di dimensioni ridotte in un paesino sconosciuto (se non agli amanti del vino) riesca a fungere da catalizzatore per nove birrifici regionali, una ventina di birre - numeri in crescita rispetto all'edizione passata - ed un pubblico tutto sommato consistente per un comune di 3000 abitanti. Per carità, non è l'Happy Beerthday Foglie d'Erba di Forni di Sopra (birrificio che comunque ha partecipato, a riprova del fatto che è una manifestazione in cui crede); ma non è neanche possibile fare il paragone tra una realtà ormai più che consolidata come Foglie d'Erba e il Campestre, che ha meno della metà dei suoi anni e una produzione e distribuzione assai più contenute. Questo per dire, una volta di più, che quello del "piccolo festival tra birrifici amici" è un format che si adatta a questa realtà, e che Giulio Cristancig ha avuto la felice intuizione di portare nella sua tap room.A parte ciò, in realtà non erano molte le birre per me nuove in listino; ma è stato comunque un piacere riprovarne alcune che già conoscevo in virtù di variazioni alla ricetta, o semplicemente per l'opportunità di degustarle direttamente con il birraio se in passato non l'avevo avuta. E' stato il caso ad esempio della Basei del birrificio omonimo, ispirata alle Koelsch, e che avevo provato l'anno scorso all'inaugurazione del birrificio: la ricetta attuale è più improntata sulla corposità e fragranza del cereale, vero pane liquido appena sfornato senza però indulgere nel miele, e meno sulla componente aromatica - anche fin troppo poco, a mio parere, dato che la luppolatura sia in amaro che in aroma è appena percettibile. Bisogna riconoscere però a Giuseppe Ciutto che ha saputo far lavorare bene il lievito, sia per l'assenza totale di aromi fermentativi inappropriati (che a volte nelle Koelsch mi è capitato di trovare) che per la secchezza e pulizia finale, che lascia la bocca fresca pur nella gran sobrietà della luppolatura a cui accennavo sopra.Per la prima volta ho avuto occasione di bere con il birraio la Blanche Dreon di Meni: fondamentalmente in stile, pur puntando in maniera piuttosto decisa sulla speziatura sia in aroma che sul finale - grazie all'aggiunta di pepe bianco, che lascia una leggera persistenza piccante che sicuramente sarebbe interessante abbinare a qualche piatto. Penso ad esempio ad una tagliata di pollo.Novità assoluta invece la Triple Threat, la Tripel appena sfornata da Antica Contea, e che prende il nome da una mossa del basket. Anche in questo caso, mi sono trovata a scherzare con il birraio Costantino su come Antica Contea a fare birre non britanniche ci provi, e magari anche con ottimi risultati in termini di piacevolezza della bevuta; però metterci almeno un elemento che ricordi una birra britannica, così come era stato per la Vienna che aveva un taglio amaro che mi ricordava piuttosto quello delle bitter, è più forte di loro. In questo caso infatti il tipico aroma speziato da lievito belga è appena percettibile, mentre nel corpo esce in forze un caramello biscottato che fa pensare ad una strong scotch ale; prima di chiudere su un finale relativamente secco per lo stile, a beneficio di bevibilità nonostante gli otto gradi alcolici - valore imprescindibile per Antica Contea. Vi piacerà se amate le birre corpose e maltate come appunto le belghe, ma nonostante ciò le trovate a volte ardue da bere.Da ultimo sono ritornata sulla Non aprite quella Porter, la Porter al cardamomo e scorza d'arancia di Campestre. Cardamomo decisamente riconoscibile, sia in aroma che sul finale dove dà una nota balsamica, ma comunque ben amalgamato sia con il leggero agrumato dell'arancia che con a componente tostata; secca e beverina come una Porter dev'essere, pur nella sua originalità.Concludo con un grazie a tutti i birrifici e birrai presenti - Campestre, Foglie d'Erba, Villa Chazil, The Lure, Meni, Galassia, Antica Contea, Garlatti Costa e Basei, in ordine assolutamente casuale - e in particolare al padrone di casa Giulio Cristancig.

La birra in fabbrica a Corno di Rosazzo

Anche quest'anno mi sono concessa un giro a "Fusti - La birra in fabbrica", piccolo festival birrario organizzato nella propria tap room dal Birrificio Campestre di Corno di Rosazzo. Piccolo, ma neanche tanto: come già mi sono trovata a considerare lo scorso anno, è comunque notevole come una realtà di dimensioni ridotte in un paesino sconosciuto (se non agli amanti del vino) riesca a fungere da catalizzatore per nove birrifici regionali, una ventina di birre - numeri in crescita rispetto all'edizione passata - ed un pubblico tutto sommato consistente per un comune di 3000 abitanti. Per carità, non è l'Happy Beerthday Foglie d'Erba di Forni di Sopra (birrificio che comunque ha partecipato, a riprova del fatto che è una manifestazione in cui crede); ma non è neanche possibile fare il paragone tra una realtà ormai più che consolidata come Foglie d'Erba e il Campestre, che ha meno della metà dei suoi anni e una produzione e distribuzione assai più contenute. Questo per dire, una volta di più, che quello del "piccolo festival tra birrifici amici" è un format che si adatta a questa realtà, e che Giulio Cristancig ha avuto la felice intuizione di portare nella sua tap room.A parte ciò, in realtà non erano molte le birre per me nuove in listino; ma è stato comunque un piacere riprovarne alcune che già conoscevo in virtù di variazioni alla ricetta, o semplicemente per l'opportunità di degustarle direttamente con il birraio se in passato non l'avevo avuta. E' stato il caso ad esempio della Basei del birrificio omonimo, ispirata alle Koelsch, e che avevo provato l'anno scorso all'inaugurazione del birrificio: la ricetta attuale è più improntata sulla corposità e fragranza del cereale, vero pane liquido appena sfornato senza però indulgere nel miele, e meno sulla componente aromatica - anche fin troppo poco, a mio parere, dato che la luppolatura sia in amaro che in aroma è appena percettibile. Bisogna riconoscere però a Giuseppe Ciutto che ha saputo far lavorare bene il lievito, sia per l'assenza totale di aromi fermentativi inappropriati (che a volte nelle Koelsch mi è capitato di trovare) che per la secchezza e pulizia finale, che lascia la bocca fresca pur nella gran sobrietà della luppolatura a cui accennavo sopra.Per la prima volta ho avuto occasione di bere con il birraio la Blanche Dreon di Meni: fondamentalmente in stile, pur puntando in maniera piuttosto decisa sulla speziatura sia in aroma che sul finale - grazie all'aggiunta di pepe bianco, che lascia una leggera persistenza piccante che sicuramente sarebbe interessante abbinare a qualche piatto. Penso ad esempio ad una tagliata di pollo.Novità assoluta invece la Triple Threat, la Tripel appena sfornata da Antica Contea, e che prende il nome da una mossa del basket. Anche in questo caso, mi sono trovata a scherzare con il birraio Costantino su come Antica Contea a fare birre non britanniche ci provi, e magari anche con ottimi risultati in termini di piacevolezza della bevuta; però metterci almeno un elemento che ricordi una birra britannica, così come era stato per la Vienna che aveva un taglio amaro che mi ricordava piuttosto quello delle bitter, è più forte di loro. In questo caso infatti il tipico aroma speziato da lievito belga è appena percettibile, mentre nel corpo esce in forze un caramello biscottato che fa pensare ad una strong scotch ale; prima di chiudere su un finale relativamente secco per lo stile, a beneficio di bevibilità nonostante gli otto gradi alcolici - valore imprescindibile per Antica Contea. Vi piacerà se amate le birre corpose e maltate come appunto le belghe, ma nonostante ciò le trovate a volte ardue da bere.Da ultimo sono ritornata sulla Non aprite quella Porter, la Porter al cardamomo e scorza d'arancia di Campestre. Cardamomo decisamente riconoscibile, sia in aroma che sul finale dove dà una nota balsamica, ma comunque ben amalgamato sia con il leggero agrumato dell'arancia che con a componente tostata; secca e beverina come una Porter dev'essere, pur nella sua originalità.Concludo con un grazie a tutti i birrifici e birrai presenti - Campestre, Foglie d'Erba, Villa Chazil, The Lure, Meni, Galassia, Antica Contea, Garlatti Costa e Basei, in ordine assolutamente casuale - e in particolare al padrone di casa Giulio Cristancig.

Prossimi eventi: sesto compleanno del Lambiczoon, MuntoBeer e Puglia Beer Fest

Il numero di festival birrari organizzati in Italia è sensibilmente calato rispetto al passato, effetto di quel momento di stasi del mercato riscontrabile anche nel numero di nuove aperture. Non è necessariamente un aspetto negativo, ma sicuramente la differenza si avverte in periodi dell’anno meno adatti all’organizzazione di eventi, come quello che stiamo vivendo in …