Rochefort e non solo: una gita nella regione belga della Val de Lesse

La Lesse è un fiume che dalle Ardenne confluisce nella più celebre Meuse. La Val de Lesse, seppur poco conosciuta, è uno dei luoghi più incantevoli del Belgio. Distante poco più di un’ora di macchina da Bruxelles, si trova nel bel mezzo delle Ardenne, stretta fra le province di Namur e del Lussemburgo, e offre …

Un giro a Gourmandia

Reduce da tre weekend di Santa Lucia ho visitato Gourmandia - manifestazione ideata da "Il Gastronauta", alias Davide Paolini - nella sua nuova sede di Open Dream, l'area ricavata dall'ex ceramificio Pagnossin a Treviso. Un pezzo di archeologia industriale che in effetti può offrire una scenografia pittoresca a manifestazioni fieristiche e affini. Si tratta di un'esposizione enogastronomica in senso lato, per cui i birrifici sono soltanto una delle tante realtà presenti.Ho iniziato da Casa Veccia, il birrificio di Ivan Borsato, assaggiando la nuova Finta de Pomi - che lui mi ha presentato come una sorta di ibrido sperimentale tra birra e sidro, trattandosi per il 50% di una base di Special (la sua birra stile abbazia), e per il restante 50% di succo di mele e pere, fermentati appunto con lievito da sidro. Al naso si mantiene ben riconoscibile lo stile di base, con il suo caratteristico tono tra lo speziato, la frutta matura e il caramello; a cui si amalgamano bene i toni aciduli della frutta, che comunque non dominano. Un equilibrio che si ritrova anche in bocca, nel corpo pieno e che gioca tra il calore dello stile di base e la freschezza della frutta, prima di un finale in cui una leggera nota alcolica fa il paio con il dolce-acidulo della mela. Nel complesso l'ho trovata rimanere una birra ben più che un sidro, con un buon equilibrio complessivo; certo, come ha osservato anche Ivan, sarà interessante vedere come evolverà nel tempo, essendo ancora abbastanza giovane.Ho quindi ritrovato Birra Follina, per assaggiare anche qui l'ultima creazione - una golden ale battezzata "Birra botanica", non per strani intrugli nella ricetta, ma in virtù dell'antica stampa scelta per l'etichetta. Fondamentalmente in stile, fresca e beverina nel complesso in virtù del corpo snello, con un taglio di un amaro tra l'erbaceo e l'agrumato più netto e secco di altre birre omologhe, ho avuto però l'impressione che all'olfatto peccasse un po' di qualche leggera nota tra il dolciastro e il fenolico dovuta dall'essere ancora giovane; giovinezza che mi è peraltro stata confermata. Sarà interessante riprovarla tra qualche tempo, per vedere se - come credo - la maturazione avrà giovato.Ho poi trovato interessante, e non solo sotto il profilo birrario e gastronomico, la collaborazione tra Birra del Forte e la Pasticceria Giotto del carcere di Padova - già nota quest'ultima per gli ottimi prodotti da forno (vanta ormai un decennio di presenza nel Gambero Rosso) realizzati da chi, anche attraverso questa attività, si impegna a dare un nuovo corso alla propria vita. In particolare la pasticceria realizza biscotti salati con la Cento Volte Forte - una Wit al Bergamotto - e con la Meridiano 0 - una Bitter. Devo dire che ho apprezzato molto l'accostamento tra i secondi, aromatizzati al timo, e la stessa bitter usata nell'impasto; che ha creato un piacevole gioco di contrasti tra il salato, il balsamico e l'amaro (mentre nel primo caso la Cento Volte Forte non sarebbe l'abbinamento più azzeccato, in quanto il bergamotto crea una certa ridondanza tra biscotto e birra). Non mi capita spesso di accostare biscotti salati alla birra, ma devo dire che si tratta di un'ottima alternativa a grissini, focacce e affini, offrendo grande spazio alla creatività del pasticcere. Anche le birre si sono confermate in gran forma, evidenziando pulizia ed equilibrio nella semplicità - anche nel caso della più "originale" Cento Volte Forte.Come già accennato nel post su Facebook, per quanto mi dedichi in maniera pressoché esclusiva alle birre artigianali, ritenevo valesse la pena di andare a conoscere Collerosso, il progetto di fermentazioni spontanee e barricate di Birra del Borgo. Trattasi del vecchio birrificio, dove è situata una vasca che permette la produzione di fermentazioni spontanee (nonché di adibire degli spazi a bottaia, lontano da altre birre): la "capostipite" è infatti la Round Overnight, una birra che sostanzialmente mutua i procedimenti di produzione delle Geuze belghe - una miscela di fermentazioni spontanee di 1, 2 e 3 anni, maturate in botti di Calvados, Montepulciano e Amarone. In realtà, non aspettatevi una Geuze - e infatti non è definita tale -, e non solo per l'ovvia osservazione secondo cui la flora batterica di Borgorose non è la stessa di Bruxelles (ho assaggiato molte Geuze prodotte in luoghi diversi, senza che per questo avessero una differenza così ampia): ho trovato che l'acidità fosse meno pronunciata ma al tempo stesso più graffiante, meno incentrata sui toni dolci e più su quelli ossidativi (volendo essere onesti ho percepito anche un leggero aroma "di detersivo", ma a onor del vero poteva anche essere questione del bicchiere non lavato in maniera appropriata). Di primo acchito, direi che trovo meglio riuscita la linea classica di Birra del Borgo (di cui ho già scritto in passato); ma non voglio naturalmente porre ipoteche su che cosa possa riservare il futuro - già erano in esposizione una Framboise e una Tripel barricata, ad esempio - tanto più trattandosi di birre in evoluzione e di un birrificio che, qualunque cosa se ne possa pensare, è un pezzo della storia della birra italiana e vanta le relative competenze.Tra le nuove conoscenze c'è poi stato il birrificio Ca' Barley di Sernaglia della Battaglia, che coltiva ad orzo certificato biologico 30 ettari di proprietà. A maltarlo, nonché a garantire la tracciabilità, ci pensa Weyermann (e qui potremmo aprire di nuovo l'annoso capitolo della tracciabilità sui piccoli lotti). Di recente apertura - settembre 2018 -, ma con un birraio che vanta quarant'anni d'esperienza, ha già ottenuto dei riconoscimenti al Merano Wine Festival per la Vienna e per la lager ambrata Fred: l'impronta è quindi  marcatamente tedesca, dato che su quattro birre solo una (una ipa) esula dalla tradizione teutonica. Rimando ad una visita di persona in azienda un post più approfondito.Da ultimo era presente il birrificio Alta Quota di Cittareale (Rieti), che pone come suo punto di forza l'acqua dell'alta valle del Velino e l'utilizzo di alcuni cereali locali, tra cui il farro. Da segnalare, oltre alla loro birra di bandiera Principessa (una ale al farro), è la Ancestrale, un progetto con Slow Food mirato a recuperare il pane vecchio per fare la birra - proprio a mo' di come la si produceva anticamente. Un progetto quindi anche dall'interesse etico e storico, oltre che birrario.Chiudo qui il mio resoconto, osservando come di anno in anno riscontro crescente interesse da parte dei birrifici per gli eventi di questo tipo - ossia non esclusivamente birrari. Sicuramente un segno, se mai ce ne fosse stato bisogno, che i tempi sono maturi perché la birra artigianale si confronti sullo stesso piano con gli altri prodotti dell'enogastronomia italiana.

Un giro a Gourmandia

Reduce da tre weekend di Santa Lucia ho visitato Gourmandia - manifestazione ideata da "Il Gastronauta", alias Davide Paolini - nella sua nuova sede di Open Dream, l'area ricavata dall'ex ceramificio Pagnossin a Treviso. Un pezzo di archeologia industriale che in effetti può offrire una scenografia pittoresca a manifestazioni fieristiche e affini. Si tratta di un'esposizione enogastronomica in senso lato, per cui i birrifici sono soltanto una delle tante realtà presenti.Ho iniziato da Casa Veccia, il birrificio di Ivan Borsato, assaggiando la nuova Finta de Pomi - che lui mi ha presentato come una sorta di ibrido sperimentale tra birra e sidro, trattandosi per il 50% di una base di Special (la sua birra stile abbazia), e per il restante 50% di succo di mele e pere, fermentati appunto con lievito da sidro. Al naso si mantiene ben riconoscibile lo stile di base, con il suo caratteristico tono tra lo speziato, la frutta matura e il caramello; a cui si amalgamano bene i toni aciduli della frutta, che comunque non dominano. Un equilibrio che si ritrova anche in bocca, nel corpo pieno e che gioca tra il calore dello stile di base e la freschezza della frutta, prima di un finale in cui una leggera nota alcolica fa il paio con il dolce-acidulo della mela. Nel complesso l'ho trovata rimanere una birra ben più che un sidro, con un buon equilibrio complessivo; certo, come ha osservato anche Ivan, sarà interessante vedere come evolverà nel tempo, essendo ancora abbastanza giovane.Ho quindi ritrovato Birra Follina, per assaggiare anche qui l'ultima creazione - una golden ale battezzata "Birra botanica", non per strani intrugli nella ricetta, ma in virtù dell'antica stampa scelta per l'etichetta. Fondamentalmente in stile, fresca e beverina nel complesso in virtù del corpo snello, con un taglio di un amaro tra l'erbaceo e l'agrumato più netto e secco di altre birre omologhe, ho avuto però l'impressione che all'olfatto peccasse un po' di qualche leggera nota tra il dolciastro e il fenolico dovuta dall'essere ancora giovane; giovinezza che mi è peraltro stata confermata. Sarà interessante riprovarla tra qualche tempo, per vedere se - come credo - la maturazione avrà giovato.Ho poi trovato interessante, e non solo sotto il profilo birrario e gastronomico, la collaborazione tra Birra del Forte e la Pasticceria Giotto del carcere di Padova - già nota quest'ultima per gli ottimi prodotti da forno (vanta ormai un decennio di presenza nel Gambero Rosso) realizzati da chi, anche attraverso questa attività, si impegna a dare un nuovo corso alla propria vita. In particolare la pasticceria realizza biscotti salati con la Cento Volte Forte - una Wit al Bergamotto - e con la Meridiano 0 - una Bitter. Devo dire che ho apprezzato molto l'accostamento tra i secondi, aromatizzati al timo, e la stessa bitter usata nell'impasto; che ha creato un piacevole gioco di contrasti tra il salato, il balsamico e l'amaro (mentre nel primo caso la Cento Volte Forte non sarebbe l'abbinamento più azzeccato, in quanto il bergamotto crea una certa ridondanza tra biscotto e birra). Non mi capita spesso di accostare biscotti salati alla birra, ma devo dire che si tratta di un'ottima alternativa a grissini, focacce e affini, offrendo grande spazio alla creatività del pasticcere. Anche le birre si sono confermate in gran forma, evidenziando pulizia ed equilibrio nella semplicità - anche nel caso della più "originale" Cento Volte Forte.Come già accennato nel post su Facebook, per quanto mi dedichi in maniera pressoché esclusiva alle birre artigianali, ritenevo valesse la pena di andare a conoscere Collerosso, il progetto di fermentazioni spontanee e barricate di Birra del Borgo. Trattasi del vecchio birrificio, dove è situata una vasca che permette la produzione di fermentazioni spontanee (nonché di adibire degli spazi a bottaia, lontano da altre birre): la "capostipite" è infatti la Round Overnight, una birra che sostanzialmente mutua i procedimenti di produzione delle Geuze belghe - una miscela di fermentazioni spontanee di 1, 2 e 3 anni, maturate in botti di Calvados, Montepulciano e Amarone. In realtà, non aspettatevi una Geuze - e infatti non è definita tale -, e non solo per l'ovvia osservazione secondo cui la flora batterica di Borgorose non è la stessa di Bruxelles (ho assaggiato molte Geuze prodotte in luoghi diversi, senza che per questo avessero una differenza così ampia): ho trovato che l'acidità fosse meno pronunciata ma al tempo stesso più graffiante, meno incentrata sui toni dolci e più su quelli ossidativi (volendo essere onesti ho percepito anche un leggero aroma "di detersivo", ma a onor del vero poteva anche essere questione del bicchiere non lavato in maniera appropriata). Di primo acchito, direi che trovo meglio riuscita la linea classica di Birra del Borgo (di cui ho già scritto in passato); ma non voglio naturalmente porre ipoteche su che cosa possa riservare il futuro - già erano in esposizione una Framboise e una Tripel barricata, ad esempio - tanto più trattandosi di birre in evoluzione e di un birrificio che, qualunque cosa se ne possa pensare, è un pezzo della storia della birra italiana e vanta le relative competenze.Tra le nuove conoscenze c'è poi stato il birrificio Ca' Barley di Sernaglia della Battaglia, che coltiva ad orzo certificato biologico 30 ettari di proprietà. A maltarlo, nonché a garantire la tracciabilità, ci pensa Weyermann (e qui potremmo aprire di nuovo l'annoso capitolo della tracciabilità sui piccoli lotti). Di recente apertura - settembre 2018 -, ma con un birraio che vanta quarant'anni d'esperienza, ha già ottenuto dei riconoscimenti al Merano Wine Festival per la Vienna e per la lager ambrata Fred: l'impronta è quindi  marcatamente tedesca, dato che su quattro birre solo una (una ipa) esula dalla tradizione teutonica. Rimando ad una visita di persona in azienda un post più approfondito.Da ultimo era presente il birrificio Alta Quota di Cittareale (Rieti), che pone come suo punto di forza l'acqua dell'alta valle del Velino e l'utilizzo di alcuni cereali locali, tra cui il farro. Da segnalare, oltre alla loro birra di bandiera Principessa (una ale al farro), è la Ancestrale, un progetto con Slow Food mirato a recuperare il pane vecchio per fare la birra - proprio a mo' di come la si produceva anticamente. Un progetto quindi anche dall'interesse etico e storico, oltre che birrario.Chiudo qui il mio resoconto, osservando come di anno in anno riscontro crescente interesse da parte dei birrifici per gli eventi di questo tipo - ossia non esclusivamente birrari. Sicuramente un segno, se mai ce ne fosse stato bisogno, che i tempi sono maturi perché la birra artigianale si confronti sullo stesso piano con gli altri prodotti dell'enogastronomia italiana.

Racconti e guide regionali: tre nuovi libri dedicati alla birra

In Italia i libri dedicati alla birra sono da sempre una rarità, ma negli ultimi tempi le nuove uscite sembrano essere aumentate rispetto agli anni precedenti. Tuttavia è impossibile non notare che il panorama rimane ancora piuttosto deficitario, sia in termini quantitativi che qualitativi. L’aspetto interessante è che le novità editoriali appartengono a tipologie diverse …

Vendesi impianto produttivo da 15 hl + fermentatori e altre attrezzature

Vendesi impianto Ecobrewtech, completamente revisionato, così composto: sala cottura da 15HL a 2 tini (ammostamento-filtro / bollitura-whirlpool), rivestiti in rame nr. 1 serbatoio di preparazione acqua calda da 20hl nr. 3 serbatoi di fermentazione da 15hl a tetto bombato e fondo conico, coibentati e provvisti di nr. 2 camice di raffreddamento applicate rispettivamente al fasciame …

Nuove birre da Canediguerra, Crak + Lervig, Baladin, Hilltop e altri

La panoramica di oggi sulle nuove birre italiane si apre con un interessante trittico proveniente da Canediguerra (sito web), birrificio che fino a oggi aveva concentrato la sua produzione standard quasi esclusivamente su stili di stampo angloamericano e su basse fermentazioni di tradizione centro-europea. Recentemente invece ha annunciato un deciso sconfinamento in terra belga con …

Birra Leo (GE) cede attività o vende impianto e/o attrezzature + formazione

Birra Leo vende il suo Brewpub. E’ una vendita modulare ovvero: Potrai rilevare il Brewpub e trasferirti nella Riviera ligure (e iniziare subito a lavorare) Potrai rilevare Impianti, Attrezzature (cucina, ecc.) e Arredi e trasferirli dove vorrai Potrai rilevare solo l’impianto In tutti i casi ti verrà garantita una Formazione Professionale Adeguata e Personalizzata (Affiancamento, …

Santa Lucia, terzo weekend

Nel terzo weekend, tradizionalmente dedicato ai birrifici stranieri, quest'anno a Santa Lucia si sono di fatto alternati birrifici nazionali e internazionali; di cui, tra i primi, alcuni già presenti anche negli scorsi fine settimana. E' il caso ad esempio dei Chianti Brew Fighters, che hanno portato in anteprima la loro nuova double ipa - battezzata "Cioni Mario", in omaggio questa volta, invece che a Dante, al Roberto Benigni di "Berlinguer ti voglio bene" (e chissà se sarà l'inizio di una serie di omaggi ad altri toscani illustri, verrebbe da chiedersi). Per quanto fosse estremamente giovane ed appena infustata, la Cioni Mario si è presentata bene: otto gradi e non sentirli, aromi tropicali e agrumati intensi ma non invadenti - non direi che abbiano voluto strafare, insomma -, corpo snello e ben bilanciato prima di un finale di un amaro citrico moderatamente persistente e secco.Per quanto sia poi tutt'altro che amante delle birre al peperoncino, mi sono fatta convincere dal vulcanico Matteo Plotegher del birrificio omonimo a provare la Picanta, una lager chiara al peperoncino coltivato da un'azienda agricola locale - la Peperoncino Trentino. Leggeri aromi vegetali al naso ed un corpo leggermente maltato e scorrevole, prima di un finale piccante notevole ma comunque equilibrato per quanto non abbia un corpo robusto a contrastarlo - caratteristica che si intuisce comunque essere voluta. Sempre di Plotegher ho poi provato la nuova versione della porter Corcolocia, di cui sono stati rivisti i malti: toni di cioccolato più intensi di quanto me li ricordassi, a beneficio di una maggiore dolcezza dell'insieme, senza togliere la peculiare nota balsamica delle bacche di ginepro.Spostandoci invece all'estero ho provato la double ipa di Kees, magnificata come una delle più notevoli creazioni del birrificio olandese. In effetti ammetto che l'ho trovata essere forse la double ipa più "succosa" e morbida, quasi cremosa, che mi sia mai capitato di provare; tra aromi e sapori di frutta tropicale, frutta gialla e agrume, affatto amara sul finale se non per un tocco citrico, estremamente beverina nonostante gli otto gradi. Volutamente "ruffiana", direi - senza con questo voler dare un giudizio morale al termine.Tornando in Italia ho fatto una conoscenza interessante, i Blond Brothers di San Donà di Piave - così battezzati perché i fondatori sono biondi. Aperto da meno di un anno, conta anch'esso un birraio Dieffe tra i soci; nonché una decina di birre in repertorio - tra cui anche alcuni stili meno battuti, come la Koelsch -, tutte improntate a semplicità, pulizia e facilità di beva. Ormai sazia di double ipa - e qui ci potrebbe stare un pensiero su questo stile che pare essere di ritorno dopo la pausa "post sbronza da luppoli" - ho preferito provare una session ipa in monoluppolo Nelson Sauvin, la Pop Hop. Fresca e beverina, i tipici toni delicatamente fruttati nell'aroma si ritrovano ben calibrati poi in bocca, molto elegante anche sul finale nonostante il double dry hopping. Devo dire che mi ha positivamente colpita per l'equilibrio complessivo, che per me - assai "sensibile al luppolo" - non è poca cosa.Sempre rimanendo in Italia veniamo alla "Into the mild", una (appunto) Mild - stile inglese poco battuto in Italia, incentrato su toni di malto e zucchero caramellato, corpo scarico per quanto non evanescente a beneficio della facilità di beva, e finale secco per quanto la luppolatura in amaro non arrivi ad obliterare i toni dolci. Di fatto una mild in stile: dalle nocciole caramellate e tostate, al caramello vero e proprio, al biscotto, al toffee, la rosa di aromi c'è tutta; e persiste anche nel corpo scorrevole, prima di un finale in cui il taglio di un delicato amaro erbaceo per invogliare al sorso successivo è comunque presente, per quanto non predominante. Ben costruita, pulita e gradevole a bersi.Da ultimo segnalo la Caberbi, iga al Cabernet di La Ru: aromi del vitigno ben robusti all'aroma, si rivelano poi più delicati nel corpo caramellato robusto ma scorrevole, per tornare con una nota vinosa nel finale. Appare più forte dei suoi 6 gradi in virtù del leggero tono alcolico sul finale, ma senza che questo risulti sgradevole né fuori luogo trattandosi di una iga.Chiudo quindi qui con la mia carrellata sull'ottava edizione di Santa Lucia. Sicuramente, come già ho fatto in altri post, ci sarebbe molto da dire su quello che è il ruolo attualmente giocato dalle fiere, su quali continuino - nonostante le difficoltà attraversate in questi ultimi tempi dagli eventi del settore - a rappresentare comunque, anche al di là dei numeri in crescita o in calo, un appuntamento significativo per i birrai e per il pubblico; non allungo però un post già prolisso, e riservo queste considerazioni a future uscite...

Santa Lucia, terzo weekend

Nel terzo weekend, tradizionalmente dedicato ai birrifici stranieri, quest'anno a Santa Lucia si sono di fatto alternati birrifici nazionali e internazionali; di cui, tra i primi, alcuni già presenti anche negli scorsi fine settimana. E' il caso ad esempio dei Chianti Brew Fighters, che hanno portato in anteprima la loro nuova double ipa - battezzata "Cioni Mario", in omaggio questa volta, invece che a Dante, al Roberto Benigni di "Berlinguer ti voglio bene" (e chissà se sarà l'inizio di una serie di omaggi ad altri toscani illustri, verrebbe da chiedersi). Per quanto fosse estremamente giovane ed appena infustata, la Cioni Mario si è presentata bene: otto gradi e non sentirli, aromi tropicali e agrumati intensi ma non invadenti - non direi che abbiano voluto strafare, insomma -, corpo snello e ben bilanciato prima di un finale di un amaro citrico moderatamente persistente e secco.Per quanto sia poi tutt'altro che amante delle birre al peperoncino, mi sono fatta convincere dal vulcanico Matteo Plotegher del birrificio omonimo a provare la Picanta, una lager chiara al peperoncino coltivato da un'azienda agricola locale - la Peperoncino Trentino. Leggeri aromi vegetali al naso ed un corpo leggermente maltato e scorrevole, prima di un finale piccante notevole ma comunque equilibrato per quanto non abbia un corpo robusto a contrastarlo - caratteristica che si intuisce comunque essere voluta. Sempre di Plotegher ho poi provato la nuova versione della porter Corcolocia, di cui sono stati rivisti i malti: toni di cioccolato più intensi di quanto me li ricordassi, a beneficio di una maggiore dolcezza dell'insieme, senza togliere la peculiare nota balsamica delle bacche di ginepro.Spostandoci invece all'estero ho provato la double ipa di Kees, magnificata come una delle più notevoli creazioni del birrificio olandese. In effetti ammetto che l'ho trovata essere forse la double ipa più "succosa" e morbida, quasi cremosa, che mi sia mai capitato di provare; tra aromi e sapori di frutta tropicale, frutta gialla e agrume, affatto amara sul finale se non per un tocco citrico, estremamente beverina nonostante gli otto gradi. Volutamente "ruffiana", direi - senza con questo voler dare un giudizio morale al termine.Tornando in Italia ho fatto una conoscenza interessante, i Blond Brothers di San Donà di Piave - così battezzati perché i fondatori sono biondi. Aperto da meno di un anno, conta anch'esso un birraio Dieffe tra i soci; nonché una decina di birre in repertorio - tra cui anche alcuni stili meno battuti, come la Koelsch -, tutte improntate a semplicità, pulizia e facilità di beva. Ormai sazia di double ipa - e qui ci potrebbe stare un pensiero su questo stile che pare essere di ritorno dopo la pausa "post sbronza da luppoli" - ho preferito provare una session ipa in monoluppolo Nelson Sauvin, la Pop Hop. Fresca e beverina, i tipici toni delicatamente fruttati nell'aroma si ritrovano ben calibrati poi in bocca, molto elegante anche sul finale nonostante il double dry hopping. Devo dire che mi ha positivamente colpita per l'equilibrio complessivo, che per me - assai "sensibile al luppolo" - non è poca cosa.Sempre rimanendo in Italia veniamo alla "Into the mild", una (appunto) Mild - stile inglese poco battuto in Italia, incentrato su toni di malto e zucchero caramellato, corpo scarico per quanto non evanescente a beneficio della facilità di beva, e finale secco per quanto la luppolatura in amaro non arrivi ad obliterare i toni dolci. Di fatto una mild in stile: dalle nocciole caramellate e tostate, al caramello vero e proprio, al biscotto, al toffee, la rosa di aromi c'è tutta; e persiste anche nel corpo scorrevole, prima di un finale in cui il taglio di un delicato amaro erbaceo per invogliare al sorso successivo è comunque presente, per quanto non predominante. Ben costruita, pulita e gradevole a bersi.Da ultimo segnalo la Caberbi, iga al Cabernet di La Ru: aromi del vitigno ben robusti all'aroma, si rivelano poi più delicati nel corpo caramellato robusto ma scorrevole, per tornare con una nota vinosa nel finale. Appare più forte dei suoi 6 gradi in virtù del leggero tono alcolico sul finale, ma senza che questo risulti sgradevole né fuori luogo trattandosi di una iga.Chiudo quindi qui con la mia carrellata sull'ottava edizione di Santa Lucia. Sicuramente, come già ho fatto in altri post, ci sarebbe molto da dire su quello che è il ruolo attualmente giocato dalle fiere, su quali continuino - nonostante le difficoltà attraversate in questi ultimi tempi dagli eventi del settore - a rappresentare comunque, anche al di là dei numeri in crescita o in calo, un appuntamento significativo per i birrai e per il pubblico; non allungo però un post già prolisso, e riservo queste considerazioni a future uscite...